BENEVENTO - Primo appuntamento, domenica 14 gennaio, a Palazzo Paolo V, con la collana "Streghe, Dragoni e Santi. Crimini e Miti beneventani del '500", edita per i tipi di Arturo Bascetta Editore. Il ciclo di volumi è stato presentato nell'ambito della rassegna internazionale di arte contemporanea "StregARTI- Premio Traiano", promossa dalla Proloco Samnium, presieduta da Pino Petito.
Primo protagonista del ciclo di incontri, lo scrittore e giornalista Virgilio Iandiorio, già preside, ed appassionato latinista, con il volume "Il dragone di Eliseo Danza ed
altre storie".
La narrazione si
articola su episodi di grande suggestione, che il preside Iandiorio ha voluto
proporre all’attenzione degli appassionati.
In apertura l'intervento dell'editore Bascetta, che ha voluto sottolineare la "mission" della sua casa editrice: ricostruire attraverso documenti storici vivi, traducendoli e commentandoli opportunamente, le vicende più significative ed interessanti, spesso non note ai più, ma fondamentali per la reale conoscenza di un'epoca. Per questo si è avvalso della collaborazione di studiosi quali Iandiorio, direttore della collana presentata questa sera, che ha tradotto direttamente in italiano cronache
o vicende narrate in toto o in parte, spesso inedite, addirittura, riportando
la descrizione che ne resero cronisti e cantastorie dell’epoca. Nelle scorse
settimane lo studioso è stato insignito del Premio Costa d'Amalfi alla carriera
per aver tradotto, per la prima volta, per intero, il "De bello
Neapolitano" di Giovanni Gioviano Pontano, uscito in tre volumetti
pubblicati da Abe.
Con la giornalista Maria Ricca, moderatrice della serata, Iandiorio ha ricostruito, innanzitutto, le vicende narrate dal giurista Eliseo Danza di
Montefusco, che riferì dei banditi di Benevento e del famoso drago ucciso
nel XV sec. nel bosco tra Montefusco e San Nicola Manfredi. Di esso si fecero ritratti allegati a libri di scienza, storia e fisica. L’episodio a cui Danza fece riferimento nel tomo secondo del suo “De Pugna Doctorum” del 1636, vide protagonista Antonello Castiglione di una nobile famiglia di Montefusco, che affrontò, a costo della vita, ed uccise “un terribile e feroce dragone, che affrontava tutti quelli che passavano ed impediva ogni attività lavorativa e commerciale.
All’inizio del volume si parla subito di Streghe…Ma “streghe”, probabilmente, sotto altra veste, furono le “brigantesse”, anzi le “banditesse”, come Grazia Napoletano, ancora protagonista della descrizione di Eliseo Danza, giudice ed avvocato.
Le tappe dell’evoluzione della donna nella società del
suo tempo passavano anche attraverso il crimine e i guai che la vicinanza di
Benevento al territorio di Montefusco produceva, in tal senso. Non si parla solo
di quelle donne, “così virili, così fornite di astuzie e di sotterfugi, che per
liberare i loro mariti dal carcere, fecero uso di molti mezzi”, ma vi è proprio
la narrazione di un caso di giustizia penale verificatosi in città, ad opera di una banda armata, che annoverava appunto la criminale suddetta.
Del resto, un altro scrittore e giurista polacco, Lucas de Linda, vissuto nel 1600, parlò di donne anche sannite, senza liberarsi peraltro dagli stereotipi. E così nell' Enciclopedia dei Regni e degli Stati
dei quattro Continenti, definì “
a modo dei blasoni popolari”, dice l’Autore Iandiorio, le Beneventane come “selvagge”. E alla luce della
tradizione delle Streghe, non può che voler dire "fiere, indomabili,
invincibili…”.
Nel Secolo dei Lumi, l’interesse dei visitatori e autori
stranieri per la città di Benevento non fu rivolto soltanto al folclore, ma
anche ai comportamenti dei suoi abitanti. Nel romanzo "Le Manuscrit trouvé à Saragosse", scritto da Jean Potocki tra il 1794 e il 1815, è
inserito un racconto ambientato a Benevento.
Il romanzo è la storia di Alphonse Van Worden, giovane
di buona famiglia, che nel 1739 viene inviato in Andalusia per diventare
guardia Vallona. Decide di prendere la strada più costellata di pericoli (ma
anche la più corta), lungo una vallata che si dice infestata di spiriti. Le giornate quinta- settima riportano la storia del
bandito Zoto, racconto, appunto, ambientato a Benevento. Vi si parla di briganti,
considerati quasi al pari degli eroi, ma è anche un quadro dei costumi e delle
contraddizioni della società del tempo, e della sua vivacità. E ancora una volta è una donna, la moglie di
Zoto, con i suoi capricci, a determinarne in qualche modo fortune e sfortune.
Prima della conclusione, interessante è l’appendice
dedicata a San Barbato.
Il 19 febbraio la frazione San Barbato di Manocalzati
(Avellino) festeggia, infatti, il santo da cui ha derivato il nome, unico comune nel Mezzogiorno, a
fregiarsi del nome del vescovo di Benevento, che convertì nel VII secolo
i Longobardi del capoluogo sannita al cattolicesimo. Si parla, nel volume, del “castrum
Sancti Barbati”, il castello col nome del Santo Beneventano, del
culto di San Barbato, delle donne di San Barbato, di parole e sapori
longobardi, fino ai Tesori nascosti, quale il
quadro di Maria Assunta, che vede
l’assunzione in Cielo della Vergine, S.
Antonio, S. Filippo e S. Barbato in preghiera.
Per chiudere l’autore Iandiorio ha contestato l’interpretazione “sviluppista” , data al fenomeno culturale collegato alla
tradizione delle Streghe di Benevento.
Non sarebbe stata questa, infatti, l’evoluzione di culti o di rituali già presenti nell’antichità, nelle
forme poi collegate alle superstizioni medievali, ma una particolare modalità di autorappresentazione
identitaria da parte della società longobardo-meridionale.
Prossimo appuntamento con la casa editrice ABE, la presentazione di un volume sul terremoto di Benevento del 1348, che sarà presentato domenica 21 gennaio, alle 18.00, sempre per "StregArti", a Palazzo PAolo V.