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02/12/17

L'INCONTRO - "Minchia di mare" di Arturo Belluardo, moderno romanzo di formazione, attraverso la storia di un'epoca e di una comunità

Presentato alla Rocca dei Rettori dalla giornalista Elide Apice e dalla scrittrice Tulla Bartolini 

di Maria Ricca


BENEVENTO - Si scrive "Minchia di mare", si legge "percorso esistenziale", "parabola di vita", "romanzo di formazione".  È la storia del giovane ed ingenuo Davide Buscemi, narrata nel volume, edito da Elliot, di Arturo Belluardo. Siracusano d'origine, romano d'adozione,  bancario innamorato della sua terra e delle sue peculiarità, l'Autore rilegge, attraverso gli occhi di un ragazzino che si fa uomo, il significativo decennio degli anni Settanta, vissuto attraverso la prospettiva siciliana, nell'isola in cui l'eco degli eventi drammatici degli anni di piombo arrivava in qualche modo attutita dal filtro del tragico binomio mafia-politica, cosí familiare alla  comunità siciliana. 
Il volume è stato presentato questa sera, nella sala dell'Acquedotto alla Rocca dei Rettori, che accoglierà fino a domani, 3 dicembre, la suggestiva esposizione di tele "Woman", di Mariella Perifano, molto apprezzata dal pubblico. 

L'introduzione della giornalista Elide Apice ha messo in risalto, fra l'altro, la capacità  dell'Autore di raccontare, fra leggerezza ed intensità,  le suggestioni dell'immaginario collettivo di quegli anni e il diverso ruolo genitoriale vissuto nella famiglia del protagonista, con un padre autoritario ed una madre fragile e sognatrice, che ama Pasolini. Ventuno capitoli, ha ricordato la Apice, che si leggono tutti d'un fiato e che potrebbero essere altrettante scene di un film.
Per la scrittrice Tullia Bartolini, nel romanzo son portati alla luce i due archetipi presenti in tutti gli individui, il padre, qui castrante,  e la madre, debole, alla quale il marito non consente l'autodeterminazione. Inutile dire che per crescere occorrerà metaforicamente uccidere il genitore più forte. 
L'elemento della sicilianità, poi, con la lettura disincantata della realtà, che è tipica degli scrittori di quella terra è l'altro elemento sottolineato dalla Bartolini, insieme con la particolarità della scrittura e della lingua in sé, estremamente musicale e significativa nella sua espressività. 
Infine l'intervento dell'Autore, che ha letto le pagine ironiche dedicate alla vita di relazione del suo personaggio, in particolare con la figura tipica dell'amico perdigiorno, ma sicuro di sé in tutto e soprattutto nei rapporti con l'altra metà del cielo. 
Si è chiuso, sottolineando il ruolo della scrittura, che non si impara nelle scuole, come ha ricordato l'Autore, ma che è dote innata, eppure si può esercitare, e serve a calarsi dentro di sé, ha funzione psicoanalitica e comunque si può modellare a proprio piacimento, per esprimere ciò che si vuole. E' la potenza e la bellezza della parola.